mercoledì 18 aprile 2012

Soldi. E democrazia

Il finanziamento pubblico ai partiti garantisce la democrazia. Se lo togliamo, i partiti finiranno nelle mani delle lobbies e dei poteri forti. E allora, addio democrazia. Questa è – più o meno – la tesi del mio partito sull’argomento. Stamattina ho sentito Rosi Bindi spingersi più in là: se togliamo i rimborsi elettorali, comanderanno i ricchi oppure quei tecnocrati che stanno “facendo male” alla povera gente…. Ah, ci fossimo noi al posto dei tecnocrati! Ma non ci siamo, intendo in maggioranza? Eh vabbé…
Comunque, i rimborsi elettorali vanno semmai regolati meglio. E i bilanci controllati, resi trasparenti. Come già facciamo nel Pd.
Ora, lo so che l’antipolitica è pericolosa. E che la demagogia fa schifo. E già so che qualcuno mi accuserà sia dell’una che dell’altra. Ma io il bilancio del Pd l’ho letto – quello, in effetti, è pubblicato sul sito del partito – e ho capito qualche cosa.
Intanto, solo una parte limitata dei rimborsi finanzia davvero le campagne elettorali. Il resto va a pagare stipendi (12 milioni l’anno) e altre spese (nell’ultimo bilancio, si può leggere un lungo elenco di manifestazioni, campagne, convegni realizzati e pagati dal partito a livello nazionale). Dunque – quale che sia la nostra opinione di militanti sull’efficacia e la produttività di questa spesa – la ragione per mantenere il finanziamento pubblico risiede nella necessità di coprire i costi organizzativi che, di anno in anno, garantiscono il funzionamento del partito. E, si dice, per evitare che la copertura di quei costi avvenga tramite i soldi delle lobbies, dei poteri forti, della grandi aziende… “i soldi dei petrolieri che hanno finanziato Bush e gli hanno fatto fare la guerra in Iraq, da cui dipende tutta la crisi di adesso”. Ancora, sublime, Rosi Bindi stamattina.
Se uno volesse fare il populista, potrebbe dire che le lobbies e i poteri forti già ci sono, in politica, e già la condizionano. Ma il bilancio del Pd, oltre che trasparente, è pure certificato: non ci sono soldi dei “cattivoni”. Punto.
Ma la politica non si fa solo dentro i partiti. E da un pezzo si è perso il conto delle fondazioni, delle associazioni, dei think tank che fanno capo a correnti o singoli politici di ogni colore politico. Queste strutture si distinguono nell’organizzazione di convegni e incontri, svolgono indagini e studi, pubblicano riviste, qualche volta persino televisioni. Come si finanziano?
Ecco, forse il problema sta qui. E riguarda il modo in cui si è organizzata la politica negli ultimi anni. Forse le lobbies ci sono già. E non è necessariamente un male. Ma la questione è che ogni politico e ogni corrente preferiscono esercitare le loro capacità di fund raising per finanziare le proprie iniziative personali e di gruppo, piuttosto che il partito di appartenenza. Intanto, per il partito, ci sono i rimborsi elettorali…
Comprare diamanti, lauree e auto di grossa cilindrata coi rimborsi elettorali è molto peggio che pagarci lo stipendio dei dipendenti. Ma l’argomento dei poteri forti da tenere fuori della porta è inconsistente. Purtroppo, per tutti.

P.S.: a proposito, ma proprio a proposito, di fare la politica in un’altra maniera, se qualche amico di Alessandria si fosse perso tra le centinaia di candidati, io non avrei dubbi su quale scegliere. Si chiama Mauro Cattaneo e non credo serva spiegare il perché.

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